Nella mia arte, considero e osservo vari aspetti per me fondamentali: i principi della fisica, come quelli della Meccanica Quantistica e dell’Universo Olografico; la frammentazione psicologico-esistenziale dell’individuo; le compulsioni del carattere che svelano la meccanicità dell’agire degli artisti del passato e di oggi e che lo distolgono dalla sua essenza impedendogli di esprimere la sua arte in modo vero.
Un tempo l’artista era portavoce del divenire, tuttavia per me oggi non lo è affatto. Credo che oggi manchi la consapevolezza di trovarsi ancora ad esprimere concetti basati su principi e credenze ormai superati da tempo. Per esempio, si pensa ancora allo Spazialismo come a una corrente artistica che ha portato qualcosa di nuovo. Anche se in parte lo ha fatto, tuttavia essa si fonda sugli stessi principi della prospettiva geometrica di Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e altri artisti di cinque secoli fa.
Infatti, ancora oggi si è convinti che lo spazio sia quella cosa che sta lì fuori, cioè all’esterno di noi, e che trascorra un tempo mentre ci muoviamo all’interno di esso. Assistiamo ancora a tentativi espressivo-concettuali di agire modificando lo spazio con delle installazioni. Invece, il principio di “non-località” delle particelle subatomiche che ci svela la fisica, dimostra che la realtà è diversa da come la crediamo. Non è tanto lo spazio, il tempo o la prospettiva ad essere la rappresentazione della realtà, ma è la realtà ad essere una rappresentazione della nostra prospettiva. Pertanto, prediligo la superficie bidimensionale del quadro perché rispecchia più da vicino il principio di non-località delle particelle subatomiche, riducendo la distorsione della nostra percezione.
Un altro aspetto centrale del mio fare arte è la necessità di essere consapevole della meccanicità dell’agire umano. Condivido con Georges Ivanovic Gurdjieff che l’essere umano possiede e si manifesta attraverso tre dimensioni interne: quella emotiva, quella istintiva e quella intellettiva. Per ognuna di queste si può osservare l’attività meccanica delle risposte/reazioni. Questa meccanicità si sovrappone all’intenzione dell’essenza profonda dell’artista che crea così un’opera “meccanica” appunto, e che viene dalla superficie.
Per me è fondamentale essere consapevole e accorgermi di questa meccanicità nel processo di creazione di un’opera d’arte perché mi permette di esprimere e manifestare la mia essenza in modo vero, uscendo così dalla frammentazione psicologico-esistenziale.
La mia arte è il risultato di molta sperimentazione tecnica e osservazione della mia realtà interiore ed esteriore. Non è invece il risultato di una ricerca mentale intesa in senso tradizionale, né credo che la mente che cerca riesca a focalizzarsi e trovare solo ciò che cerca, perdendo di vista tutto il vasto panorama delle possibilità. Il ricercare è un’attività della mente, e la mente mente!
In questo senso, dal mio punto di vista, un artista che fa ricerca con in mente qualcosa da trovare può solo produrre opere previste e prevedibili, perché influenza troppo il fenomeno (Heisenberg).
Per questo, io mi limito ad osservare l’evento e agire sospendendo l’aspettativa e il giudizio critico-analitico, lasciandomi attraversare dall’opera che già esiste nella mia essenza per manifestarla sulla superficie pittorica.